Intelligenza emotiva e casualità

Intelligenza emotiva e casualità
Manuale di scienza pratica dell'imprevedibile

martedì 7 maggio 2013

Interagire

Collana editoriale a cura della Fondazione Franceschi Onlus
La collana ha lo scopo di divulgare la conoscenza psicologica in tutte le sue forme: dalla ricerca alla psicoterapia, passando per lo studio sulle teorie sociali, fino a lavori che per la loro utilità possano interessare il largo pubblico. Ha quindi un ampio spettro d’interesse, vista anche la sua finalità: far conoscere a più persone possibili, attraverso un linguaggio chiaro, accessibile e scientificamente rigoroso, il sapere psicologico.
Un ampio spazio è dedicato alla psicoterapia con una particolare enfasi per gli aspetti interazionali e sociali. Questi ultimi aspetti sono, infatti, di grande interesse per la Fondazione Franceschi Onlus che svolge attraverso i suoi ricercatori studi sui processi terapeutici al fine di migliorare costantemente l’efficacia e l’efficienza dei trattamenti. Nel campo della psicoterapia, l’aspetto interazionale è visto sempre di più, oggi, come un’importante variabile, affinché in un percorso di cura si possa arrivare a ottenere risultati importanti e durevoli. I volumi curati dalla Fondazione riguardano, così, vari temi che possano essere utili a chi tratta professionalmente problematiche psichiche, ma anche a chi è interessato ad approfondire le sue conoscenze in questo affascinante campo.
Andrea Leonardi
Vicepresidente Fondazione Franceschi Onlus



Gianluca Ciuffardi
Intelligenza emotiva e casualità. Manuale di scienza pratica dell'imprevedibile.


Quarta di copertina
Fino a che punto siamo capaci di controllare la nostra vita? Riuscire a realizzare i propri sogni e aspirazioni dipende non solo dalle abilità personali e sociali, ma anche dal verificarsi di circostanze fortuite e di eventi casuali. Spesso, le persone sembrano perdere la bussola di fronte ad ostacoli imprevisti o a situazioni che esulano dalle loro aspettative, tanto da rinunciare molto presto a lottare per cambiare davvero le cose. In situazioni del genere, l’autore ritiene che una maggiore apertura mentale consentirebbe di affrontare al meglio le sfide con se stessi e con gli altri, imparando così a riconoscere il ruolo che la casualità gioca nella vita di ognuno di noi e a cogliere le circostanze favorevoli quando esse si presentano. Come accade ad Alice nel Paese delle Meraviglie, anche noi viviamo in un mondo dominato dal caos e dall’incertezza, pieno di eventi imprevedibili che possono metterci in crisi oppure, al contrario, spingerci verso il successo desiderato. Per realizzare i progetti che più stanno a cuore, quindi, è necessario cercare di trovare soluzioni diverse e innovative ai problemi quotidiani, senza lasciarsi condizionare troppo dal conformismo, dal tradizionalismo e dalla paura del cambiamento.

L'autore: Gianluca Ciuffardi
Psicologo, ricercatore presso la Fondazione Franceschi onlus di Firenze, scrittore. Nella sua attività di ricerca si è occupato del costrutto scientifico di intelligenza, della qualità della vita in oncologia, della percezione del tempo e dei processi di socializzazione. Ha pubblicato un libro sull’intelligenza emotiva, un romanzo sulla psicologia di inizio novecento, oltre ad alcuni articoli apparsi su riviste italiane ed estere. Ha curato la realizzazione di un manuale per la preparazione dell’esame di stato degli psicologi. S’interessa di epistemologia costruttivista e di scetticismo pratico.

Zio Paperone e il decino fatale




La storia a fumetti Zio Paperone e il decino fatale, disegnata dal famoso Karl Barks e pubblicata per la prima volta in Italia nel 1952, narra del crollo delle pareti del deposito di Zio Paperone a causa del peso eccessivo delle monete e delle banconote in esso contenute.
Una banale monetina da dieci centesimi è stata la causa finale del disastro che rischia di far perdere a Zio Paperone tutti i suoi soldi: si tratta di una catastrofe provocata da una causa di lieve entità che, però, sommando i suoi effetti nel corso del tempo, diventa la classica goccia che fa traboccare tutto il vaso, in questo caso distruggendo il deposito. Infatti, le monetine erano state aggiunte una dopo l’altra nel corso di vari decenni, senza esercitare alcun effetto apparente sulla struttura del deposito. A un certo punto, però, si verifica un evento che in base alla teoria delle catastrofi determina una discontinuità: una piccola perturbazione, nel nostro caso una semplice monetina, può dare luogo ad un effetto dirompente che porta alla rottura della struttura stessa che è oggetto di osservazione.

Ricorrendo alla teoria delle catastrofi si possono studiare vari tipi di fenomeni naturali, come quelli fisici, chimici, economici, storici, biologici e psicologici. Crolli d'imperi centenari, crac finanziari, catastrofi naturali, sono spesso eventi imprevedibili e inspiegabili, se considerati alla luce delle situazioni che li hanno preceduti, ma che acquistano una loro logica se posti in discontinuità col passato. Secondo alcuni scienziati, ad esempio René Thom, in natura le catastrofi possono assumere sette forme diverse e dai nomi suggestivi di piega, cuspide, coda di rondine, farfalla, piramide, portafoglio e fungo. L’esempio più elementare di catastrofe è rappresentato dalla piega, in cui il sistema osservato procede in modo assolutamente uniforme verso il suo punto di rottura senza dare alcun segnale preliminare di avvertimento. Come nella storia della monetina che provoca la rottura delle pareti del deposito di Zio Paperone, uno degli aspetti fondamentali della catastrofe a forma di piega è dato dal fatto che la situazione di crisi è spesso preceduta da una fase di relativa calma, in cui il sistema osservato sembra aver raggiunto un certo grado di stabilità ed equilibrio. Tirando le somme, si potrebbe dire che proprio quando tutto sembra andare bene e per il meglio, allora sarebbe il caso di cominciare a preoccuparsi sul serio…

giovedì 3 gennaio 2013

Il coraggio e l’autostima





Recenti studi condotti da psicologi americani e inglesi suggeriscono che l’autostima sia una delle componenti fondamentali per avere successo nella vita. Si tratta di quel processo mediante il quale l’individuo valuta se stesso positivamente in rapporto agli altri e alle proprie aspettative: tale senso di valore personale è confermato e rinforzato ogni volta che il soggetto si dimostra all’altezza delle sfide da affrontare. Coloro che, al contrario, hanno sviluppato una scarsa autostima, tendono a evitare le difficoltà, non mettendosi mai veramente alla prova per paura di fallire e, così facendo, non compiono alcuna importante esperienza di successo personale. Queste persone sentono di valere poco agli occhi del mondo e difficilmente riescono a intaccare le convinzioni negative che ormai hanno sviluppato circa se stessi e le proprie capacità.

L’autostima si rivela una risorsa molto utile anche per superare i momenti difficili della vita, per risolvere i problemi complessi e per migliorare le proprie competenze in ambito lavorativo e scolastico.
 
Come si acquisisce l’autostima?

L’autostima è certamente connessa con la propria storia personale: infatti, sono le esperienze del passato e le aspettative verso il futuro che contribuiscono in maniera determinante al sentirsi e vedere se stessi come una persona in grado di superare qualsiasi difficoltà. Dipende, però, anche da una buona dose di coraggio, dal sapersi cioè creare la propria fortuna da soli, perché la fortuna aiuta gli audaci o almeno coloro che si sentono audaci, come insegna la seguente storia zen:

Un grande guerriero giapponese che si chiamava Nobunaga decise di attaccare il nemico sebbene il suo esercito fosse numericamente soltanto un decimo di quello avversario. Lui sapeva che avrebbe vinto, ma i suoi soldati erano dubbiosi. Durante la marcia si fermò a un tempio scintoista e disse ai suoi uomini: “Dopo aver visitato il tempio butterò una moneta. Se viene testa vinceremo, se viene croce perderemo. Siamo nelle mani del destino.” Nobunaga entrò nel tempio e pregò in silenzio. Uscì e gettò una moneta. Venne testa. I suoi soldati erano così impazienti di battersi che vinsero la battaglia senza difficoltà. “Nessuno può cambiare il destino” disse a Nobunaga il suo aiutante dopo la battaglia. “No davvero” disse Nobunaga, mostrandogli una moneta che aveva testa su tutt’e due le facce.

martedì 9 ottobre 2012

La paura di cambiare





I nemici del cambiamento sono principalmente due: da una parte abbiamo la presunzione di sapere tutto, la quale impedisce d’imparare qualcosa di nuovo, dall’altra, ci sono le vecchie abitudini consolidate nel corso degli anni, le quali spesso non sono altro che un modo più o meno consapevole per perdere tempo. Se perdiamo del denaro, c’è sempre la possibilità di recuperare le perdite, mentre il tempo che buttiamo, nessuno lo restituirà più indietro: perciò, si può affermare come il tempo sia sicuramente la risorsa più importante che abbiamo a disposizione, oltre che quella che andrebbe impiegata e spesa meglio. 

A ogni cambiamento corrisponde sempre una perdita: infatti, chi sceglie di cambiare si lascia alle spalle i punti di riferimento cui è affezionato, per approdare in territori nuovi e almeno in parte sconosciuti. Tutte le volte che rifiutiamo o rimandiamo la possibilità di cambiare qualche aspetto di noi stessi e del mondo che ci circonda, ci comportiamo come dei pesci che preferiscono continuare a nuotare in un acquario ristretto e angusto, invece di prendere la direzione del mare aperto, nel quale sono sicuramente presenti maggiori pericoli e incognite, ma anche una maggiore libertà d’azione. 

Che cosa tiene le persone così legate al proprio passato? Probabilmente la paura di affrontare qualcosa che appare nuovo è un grosso freno allo sviluppo personale, così come la mancanza di autostima e di fiducia in se stessi e nelle proprie capacità. Si preferisce rimanere così come si è, ancorandosi alle proprie sicurezze fino allora conquistate, per evitare di affrontare nuove sfide e di acquisire un nuovo modo di pensare. Si rimane, così, vincolati ai vecchi schemi, nella convinzione erronea che essendo stati validi in passato, lo saranno ancora anche in futuro. 

In realtà, soltanto chi riesce ad allargare i propri orizzonti di vita, acquisendo nuovi punti di vista sulle cose, riesce ad adattarsi meglio a un mondo in continuo divenire, modellando almeno in parte le situazioni in base alle proprie esigenze. Invece, chi tende a evitare il cambiamento, rimandandolo cronicamente, in genere finisce per subirlo quando meno se lo aspetta, sotto forma di quello che, di solito, viene chiamato sfortuna o destino avverso, ma che altro non è che la paura del nuovo e di ciò che ancora non si conosce o non si comprende appieno. 

Tutti coloro che iniziano un nuovo percorso di vita sono animati e spinti dalla voglia di conoscere cose nuove, mentre coloro che si lasciano vivere finiscono per rimanere in attesa di qualcosa che poi non accade mai. 

Lasciare la vecchia strada per quella nuova conviene sempre, perché aiuta a sviluppare la creatività e a trovare il coraggio di rimettersi in gioco, accettando di vivere in un mondo la cui un’unica regola davvero immutabile sembra essere quella scoperta da Eraclito più di duemila anni fa: “tutto scorre”.


giovedì 13 settembre 2012

Le anomalie scientifiche





La scienza moderna non sempre riesce a spiegare tutto: a volte capita che i ricercatori si trovino di fronte a cose o eventi che non solo non sono in grado di spiegare ma che non dovrebbero nemmeno esistere, sulla base dei modelli teorici sviluppati fino a oggi.

Thomas Kuhn, uno dei principali filosofi della scienza del novecento, definiva questi eventi con il termine di “anomalie scientifiche”: se la scienza non era in grado di spiegare qualcosa in maniera esaustiva, ecco che probabilmente si doveva operare un cambio di paradigma concettuale. Un elenco, sicuramente parziale, di queste anomalie comprende la materia oscura (che rappresenterebbe la maggior parte dell’Universo attualmente esistente), il fatto che, a certe condizioni, alcune costanti scientifiche sembrano misteriosamente cambiare, il come ha avuto origine la storia della vita sul pianeta terra, se esistono altre forme di vita nel cosmo, l’effetto placebo, la fusione fredda. 

Spesso accade che si preferisca ignorare certi fenomeni piuttosto che rimettere in discussione modelli teorici ormai accettati e riconosciuti come validi, perciò molti di questi misteri rischiano di rimanere parzialmente o totalmente insoluti. Per una trattazione esauriente di questi argomenti, si consiglia la lettura di un recente libro scritto dal giornalista Michael Brooks e intitolato “Le 13 cose che non hanno senso”, il quale descrive nel dettaglio le principali anomalie scientifiche che la scienza moderna non riesce ancora a spiegare. Secondo Brooks, il fatto di compiere nuovi esperimenti o ricerche, non necessariamente porterà a scoprire la verità su queste anomalie se prima non sarà cambiato il paradigma di base per mezzo del quale si cerca di conoscerle. 

Un esempio storico di cambio di paradigma è la rivoluzione copernicana: prima di Copernico, infatti, si riteneva che la terra si trovasse al centro dell’universo e che fosse il sole a girare intorno a essa insieme a tutte le altre stelle e i pianeti. Nonostante si fossero accumulate nel tempo prove a favore del contrario, gli studiosi dell’epoca preferirono ignorarle piuttosto che mettere in discussione il paradigma scientifico principale, quello tolemaico, in base al quale era la terra al centro di tutto il cosmo conosciuto. Fu Copernico a introdurre il nuovo paradigma, ma occorse ben più di un secolo prima che la comunità scientifica, troppo legata alle idee tradizionali, lo accettasse completamente. La storia riporta molti altri esempi di rivoluzioni concettuali avvenute in ambito scientifico, come la teoria dell’evoluzione di Darwin oppure la teoria della relatività, che sono state gradualmente accettate dalla maggior parte degli altri studiosi, dopo aspre resistenze e polemiche iniziali.

Anche le persone comuni, molto spesso, si comportano come degli studiosi arroccati sulla torre d’avorio delle loro convinzioni errate, preferendo ignorare i dati che l’esperienza continuamente fornisce loro piuttosto che rivedere alcuni modi personali di pensare e di vedere il mondo. In tal senso, si può affermare che gli individui si rivelano molto più bravi a trovare prove a favore delle loro idee piuttosto che metterle in discussione al fine di elaborarne altre più evolute e più adatte a comprendere una realtà in continuo cambiamento.